Società Italiana
Avvocati Criminalisti

Angst (1983)

 

Angst (1983)

“Angst” è un film del 1983, del regista austriaco Gerald Kargl, la cui trama è liberamente tratta dalle gesta omicide del killer salisburgese Werner Kniesek. Il protagonista, interpretato da Erwin Leder, è un uomo senza nome che è appena uscito di prigione, dopo aver scontato dieci anni per aver assassinato, senza motivo alcuno, una anziana sconosciuta. Non il primo atto violento dell’uomo, che in passato aveva già conosciuto la detenzione per il tentato omicidio della madre. Ed è proprio nell’infanzia che, forse, vanno ricercate le sue pulsioni violente e insensate. Un’infanzia difficile, trascorsa in un ambiente familiare bigotto, in cui iniziano a germogliare i primi semi di una violenza che sboccia dapprima sugli animali, per poi crescere a dismisura, in un vortice inarrestabile di follia.

Il film, praticamente, non ha dialoghi, la voce narrante è quella del killer che, in un flusso di coscienza, si racconta, ma non spiega. Perché non c’è nulla che può essere spiegato. Si resta per più di un’ora invischiati nei monologhi di una mente malata, mentre la regia fa vorticare le camere da presa intorno al protagonista e sulle vittime, portandole ad altezze siderali, per poi bloccarle in primi piani strettissimi e distorti, quasi ad amplificare l’orrore dell’atto (in)umano in un vasto mondo indifferente.

La trama è talmente scarna da essere quasi assente: il protagonista ha voglia di uccidere. Chiunque. Concepisce pensieri omicidi mentre mangia un wurstel; cerca, fallendo, di attuarli strangolando una tassista e fugge, fino ad imbattersi in una lussuosa villa isolata, abitata da un’anziana donna e dai suoi figli, una graziosa ragazza bionda e un ragazzo con problemi psichici costretto in carrozzella. Superfluo dire che gli sventurati abitanti della villa finiranno per morire. Male.

Detta così potrebbe sembrare una favoletta sul paradiso dei serial killer, ma Angst è tutt’altro: è uno dei lungometraggi più disturbanti, violenti e sconvolgenti che il cinema abbia mai prodotto.

Sin dalle prime immagini, la pellicola conduce lo spettatore in un percorso straniante, amplificando la sensazione di assurdità con una regia convulsa, cui fa da contrappunto il quieto orrore irrazionale della voce fuori campo del protagonista. Un protagonista che non ha alcun “fascino”, a differenza dei serial killer cinematografici, con il quale è impossibile qualsiasi empatia: è pura e bestiale brutalità, sorretta da un istinto omicida tanto primordiale quanto incomprensibile.

I metodi usati per uccidere sono diversi, non necessariamente comportano la spettacolarizzazione splatter degli horror, ma risultano di una violenza quasi intollerabile agli occhi di chi vi assiste.

Il ruolo delle vittime è esasperato dalla passività con cui queste cedono al proprio atroce destino. Non vi è quasi lotta, esse sembrano accettare passivamente l’inevitabile, violenta fine. Abulico è perfino il cane delle persone trucidate nella villa, che si limita a scodinzolare durante il massacro.

Ci si può domandare se un film come Angst possa essere una critica al sistema rieducativo austriaco, se curare la follia del killer avrebbe potuto sortire risultati migliori della detenzione cui è stato condannato dopo il primo crimine, se e quanta responsabilità abbiano le istituzioni nel rimettere in società un soggetto con evidenti pulsioni omicide, considerandolo “guarito”, ma sono domande che si si può porre solo alla fine della visione del film. Per tutta la durata dello stesso non si può far altro che assistere sgomenti al realizzarsi della depravata libido dell’assassino, terrorizzati ma grati di essere fra i sopravvissuti.